L’opposizione di palazzo Galatti si è riunita oggi in conferenza stampa per sottolineare le ragioni per le quali non parteciperà al consiglio straordinario che si terrà domani come in tutte le altre province italiane per sottolineare, valorizzare e sostenere il valore istituzionale della Provincia che il decreto Monti vorrebbe di fatto abolire contro il quale però anche il governatore Renzo Tondo ha annunciato un ricorso per incostituzionalità ribadendo la volontà del FVG di legiferare in materia secondo le norme di autonomia.
“Non partecipiamo – hanno sostenuto PDL, Lista Dipiazza, Lega Nord e Un’Altra Trieste - per sottolineare l’assoluta mancanza di rispetto della presidente Bassa Poropat per il ruolo del consiglio e dell’opposizione in particolare: è estremamente grave tra l’altro che disattendendo quanto deciso all’unanimità dai capi gruppo, abbia voluto a tutti i costi far intervenire in qualità di relatore il prof. Pier Giorgio Gabassi, già candidato in Regione e in Provincia per la lista dei Cittadini da lei stessa fondata su un tema non determinante”.
“In tutta Italia le Province – ricorda il capo gruppo del PDL Claudio Grizon - si sono mosse concordemente e trasversalmente rispetto alle varie forze politiche ma qui a Trieste la smania della presidente di primeggiare e di imporre anche il programma del consiglio provinciale straordinario ha fatto si che domani tutta l’opposizione diserterà delegittimandolo il consiglio da lei convocato”.
“Nessuno ci ha chiesto di indicare un relatore a noi gradito – aggiunge Grizon assieme al vice capo gruppo del PDL Massimo Romita - e la stessa sede del consiglio si terrà al Teatro Miela, pur essendo inadeguata anche secondo la maggioranza, rispetto all’aula magna del Dante da noi proposta, risponde invece alla volontà della presidente di sottolineare politicamente l’iniziativa in uno spazio caro alla sinistra triestina”
“I cittadini – spiegano Grizon e Romita - secondo un recente sondaggio Ipsos hanno espresso idee chiare in merito alle Province e ai costi delle pubbliche amministrazioni ed il 60% degli italiani non vorrebbe che la sua Provincia venisse soppressa”.
L’83 % dei cittadini ritiene infatti che gli sprechi sono da ricercare nello stato. Il 60% degli intervistati questi considera che l’amministrazione dello Stato sia la più costosa, solo il 13 le Province e il 11 le Regioni.
Il 79% degli italiani considerano poi che il parlamento sia il più costoso, il 7% pensa lo siano i consigli regionali ed il 5% quelli provinciali.
Comunque se dipendessero dai cittadini i tagli dei costi della politica l’82% di questi partirebbe dal parlamento, l’8% dai consigli provinciali e solo il 4 da quelli regionali in realtà di gran lunga i più costosi.
Secondo l’indagine il 63% dei cittadini dichiara che non bisogna abolire le Province ma accorpare quelle piccole ed il 54% ritiene che eliminando le Province ci sarebbero nuovi disoccupati.
A tal proposito è certo però che ci sarebbe un aumento del costo del personale che per il Friuli Venezia Giulia secondo i calcoli dell’UPI regionale sarebbe pari a 27 milioni di euro all’anno.
Secondo il 52% dei cittadini le Province sono considerate un vantaggio per i piccoli comuni che devono rivolgersi alla Regione o allo Stato, mentre 37% credono che sia uno svantaggio ma in particolare va sottolineato che il 28% degli intervistati ritengono che le Province non vadano abolite mentre il 29% ritengono di si. Il 7% vorrebbero poi abolire quelle che hanno all’interno grandi città come Milano e Roma e il 31% abolirebbero solo quelle piccole.
In conclusione però alla domanda “secondo lei la sua Provincia andrebbe abolita?” ben il 60% degli italiani hanno risposto di no e solo il 38% hanno risposto si.
“Le nostre proposte sulle Province – concludono Grizon e Romita - quindi possono essere così riassunte:
· si al ricorso del governatore Tondo rispetto all’incostituzionalità delle norme sulle Province del decreto Monti;
· si a una legge regionale di riordino dei livelli istituzionali e degli enti locali;
· si a una revisione di competenze, ruolo, estensione territoriale (recuperando le competenze che le Province nelle regioni a statuto ordinario già hanno);
· presidente e consiglieri eletti dai cittadini;
· soppressione degli enti e delle società inutili;
· soppressione degli enti di secondo livello le cui competenze possono essere ricondotte alle Province (EZIT, ATO - Ambiti Territoriali Ottimali, Consorzi vari ecc.);
· si a una Regione che legifera e controlla e non gestisce, più leggera di dipendenti, sedi, uffici (basterebbero un terzo degli attuali dipendenti),
· si a trasferimenti di risorse senza vincoli di destinazione: basta ai rendiconti degli enti locali controllati da centinaia di dipendenti regionali;
· si alla garanzia di una riforma che garantisca partecipazione, democrazia, rappresentatività e l’elezione diretta.
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