Ieri a Palmanova tra i 50 "si" a Tondo Presidente c'è stato anche il mio...
Il Piccolo – Domenica 1 gennaio 2008
Pagina 10 - Regione
FORZA ITALIA SI RICOMPATTA E LANCIA TONDO
Sì unanime dei 50 azzurri, solo Saro si astiene. L’ex presidente: non è una rivincita personale ma della Cdl
di Roberta Giani
PALMANOVA «Mia moglie? Mi dice che sono un po’ matto. E in effetti, se dovessi guardare ai miei interessi, rimarrei a Roma. So che posso schiantarmi ma voglio battermi perché Riccardo Illy è battibile». Sono le tre passate e Renzo Tondo, dopo una pizza margherita e un’acqua minerale interrotte da una valanga di sms all’insegna del «finalmente», beve il caffé e regala l’ultima battuta. Poi, infilato il cappotto, si alza da tavola. Una tavola che non t’aspetti: c’è persino Ferruccio Saro, l’amico dell’altro ieri, il nemico di ieri, l’«astenuto costruttivo» di oggi. E domani si vedrà...
È il colpo di scena che si consuma a Palmanova dove, sotto la regia del coordinatore regionale Isidoro Gottardo, in una stanza piccina e squallidina vietata ai giornalisti ma non alle telecamere (in una bizzarra interpretazione di riunione «a porte chiuse»), Forza Italia mette fine a titubanze e divisioni. Lanciando ufficialmente, come candidato da proporre agli alleati, l’ex presidente della Regione. E ritrovando l’unanimità: 50 voti a favore, nessun contrario, e un astenuto costruttivo. Il senatore di Martignacco, infatti, dapprima contesta solo contro tutti tempi e modi del ritorno tondiano. Poi, però, complici gli appelli di Gottardo&co, non si assume la responsabilità del gran rifiuto: «Non voglio che esca un’immagine di Forza Italia divisa».
E così, dopo cinque anni, Tondo ritrova il suo partito. Non è poco: «Ma non è una rinvincita personale che cerco, bensì una rivincita del centrodestra. E sono ottimista perché il centrosinistra, a Roma come in Friuli Venezia Giulia, non sta facendo nulla. Quella di Illy è una politica virtuale». La strada, però, è ancora in salita: il carnico tenace e testardo non sa che la Lega annuncerà poche ore dopo una corsa solitaria, ma sa già che ora deve ritrovare gli alleati. E allora, a caldo, precisa che «quella di Palmanova non è una candidatura ufficiale, ma un’indicazione di Forza Italia. Era un suo diritto e un suo dovere. Ora se ne discuterà con An, Lega e Udc e, per parte mia, farò di tutto perché si convincano».
Ci riuscirà con l’aiuto del suo partito? Chissà. «La situazione è delicata» ammette Roberto Dipiazza. E gli scenari nazionali, quelli che Saro descrive in lungo e in largo, quelli che passano per la battaglia elettorale ancora apertissima e per la tenuta o meno di Romano Prodi, pesano molto: la Lega, nel giorno dello strappo, li evoca apertamente.
Intanto, però, Tondo supera il primo ostacolo. Tutto interno: è il parlamentino di Forza Italia, l’organo supremo che Gottardo ha costituito e convocato ad hoc, a «incoronarlo» con tutti i crismi. «È stata una riunione vera. Tre ore e più di dibattito... quasi come ai tempi della Dc» scherza, ma non troppo, Bruno Marini.
Si inizia attorno alle 10. Arrivano big, semi-big, quasi-big: parlamentari, consiglieri regionali, sindaci, amministratori. Mancano Ettore Romoli, non invitato, Renato Brunetta e Manu Di Centa, assenti giustificati, e Roberto Antonione, all’estero. Gli altri ci sono tutti. E il conclave, sotto lo sguardo di Albert Einstein appeso al muro, inizia. Gottardo tiene una relazione lunghissima, studiata nei dettagli: ricorda l’«impegno convinto alla costruzione del nuovo partito del popolo che già conta su 20 mila preadesioni»; promette la collaborazione leale con tutti i circoli; conferma la bontà della stagione congressuale, checché ne pensi la Trimurti, e la determinazione a completarla; offre garanzie alle donne e, nel rispetto della «sussidiarietà», ai territori; accelera sull’albo dei difensori del voto; insiste su Liberidea e ringrazia Thomas Jansen e Edi Snaidero. Poi, in un passaggio chiave, si rivolge agli alleati: l’obiettivo forzista, assicura, è quello di dar vita a «una coalizione di centrodestra il più ampia possibile» e «alternativa a un centrosinistra che ha mal governato» in cui la Lega abbia un posto di primo piano. Subito dopo, non a caso, mette sul piatto le elezioni per il Comune e la Provincia di Udine. Solo a quel punto, «nel più autentico spirito di collaborazione», lancia la «risorsa» Tondo.
Seguono gli interventi. Quindici o forse più. Saro è il primo, ma è l’unico bastian contrario. Giulio Camber nemmeno lo ascolta, dà l’appoggio all’amico Renzo, poi se ne va. Gli altri, partendo da Dipiazza, blindano l’ex presidente. Senza sbavature. Si arriva, all’ora di pranzo, al voto sulla relazione di Gottardo: finisce come doveva finire. Anzi, meglio: nessuno vota contro. Peccato che la Lega, quella che a sentir Saro «Illy sta coltivando», guasti subito la festa. E faccia ripiombare Forza Italia nell’incubo del 2003.
1 commento:
Claudio, supertondista! Gooood....
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