lunedì 14 maggio 2012

GIORNATA DELL'EUROPA 2012

Intervento pronunciato in occasione della "Giornata dell'Europa" durante la seduta del Consiglio Provinciale di lunedì 14 maggio 2012 


 Il 9 maggio 1950 è nata l'Europa comunitaria, proprio quando lo spettro di una terza guerra mondiale angosciava tutta l'Europa.
Quel giorno a Parigi la stampa era stata convocata al Ministero degli Esteri per una comunicazione della massima importanza.
Le prime righe della dichiarazione del 9 maggio 1950 redatta da Robert Schuman, Ministro francese degli Affari Esteri, in collaborazione con il suo amico e consigliere, Jean Monnet, danno un'idea dei propositi ambiziosi della stessa.
"La pace mondiale non potrebbe essere salvaguardata senza iniziative creative all'altezza dei pericoli che ci minacciano". "Mettendo in comune talune produzioni di base e istituendo una nuova Alta Autorità le cui decisioni saranno vincolanti per la Francia, la Germania e i paesi che vi aderiranno, saranno realizzate le prime fondamenta concrete di una federazione europea indispensabile alla salvaguardia della pace". Veniva così proposto di porre in essere una istituzione europea sovrannazionale cui affidare la gestione delle materie prime che all'epoca erano il presupposto di qualsiasi potenza militare, il carbone e l'acciaio.
Tutto è cominciato il 9 maggio e al vertice tenuto a Milano nel 1985 i capi di Stato e di governo hanno deciso di festeggiare questa data come Giornata dell'Europa. La crisi in Europa ha costretto le istituzioni europee ed i governi degli stati membri a rinviare le decisioni sulle responsabilità comuni ma, nonostante tante difficoltà, il processo di integrazione non può certo interrompersi per ragioni di bilancio, per questioni fiscali e per la stabilizzazione finanziaria a cui anche l’Italia, sull’onda dello spred, ha dovuto purtroppo ricorrere a piene mani.
E’ sempre più evidente che in questa Europa, ove albergano ancora gelosie, rendite di posizione, più o meno motivati scetticismi, si deve mirare a promuovere forti convergenze tra le economie che costituiscano le basi per nuove prospettive e di una rinnovata, più intensa e sostenibile crescita su scala europea.
E’ pertanto indispensabile superare le perplessità che in questi tempi stanno condizionando le politiche nazionali, il voto nei paesi membri ed addirittura la prosecuzione della partecipazione all’Unione e la condivisione della moneta unica, con l’obiettivo di unire le forze rispetto allo sviluppo dell'unione politica, assicurandone anche le indispensabili basi istituzionali al fine di rafforzarne l’identità e la coesione.
 Sessantadue anni fa la forza dell'ideale europeo e una visione lungimirante dei destini del nostro continente indussero un gruppo di illuminati statisti a dichiarare la nascita del progetto di integrazione.
Oggi è ineluttabile quindi, sulla scorta dei progressi già in atto e dei mutamenti che hanno già condizionato il quadro mondiale, e nel contempo quello europeo spesso fragile ed inadeguato ad affrontare le sfide globali, ad indurci a proseguire con un nuovo slancio nello sviluppo dell’Unione. L’auspicio è che sappia trarre anch’essa dalle difficoltà in atto le ragioni di una semplificazione della sua organizzazione, dei suoi processi legislativi che possano riavvicinare i tanti, anche noi tra questi, che hanno visto recentemente l’Unione troppo condizionata da scelte imposte da pochi a scapito di molti, sempre in uno spirito democratico, popolare e federale.
È questa la sola alternativa a una drammatica perdita di rilevanza di ogni nostro singolo paese e del nostro continente nel suo insieme.
Per celebrare l'anniversario della creazione dell'Unione europea, il Parlamento si è riunito per un dibattito sul futuro dell'Europa in presenza del presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Anche in quella sede l'euro è stato rimesso in questione, come indicato da tutti i capigruppo politici.
Alcuni hanno domandato un'Europa più forte, altri delle misure di austerità meno dure o dei cambiamenti più profondi. Il Presidente Martin Schulz ha chiesto ai cittadini europei di essere coraggiosi nell'affrontare la crisi, ricordando a tutti che l'Europa è stata costruita grazie ad una "rivoluzione tranquilla" nonostante le ferite della guerra.
Ma perché la crisi di oggi, come una forza centrifuga, ci dovrebbe separare piuttosto che unirci? E’ evidente che l'euro è in pericolo perché spesso si rivela il simbolo degli egoismi nazionali, e delle divisioni.
In questo contesto la disciplina di bilancio – così cara fino a ieri a Francia e Germania - è essenziale quanto la crescita e solo insieme i paesi dell’Unione riusciranno ad evitare il declino economico dell'Europa e a abbassare la disoccupazione che in Italia, nonostante o a causa del governo Monti, è ritornata alle due cifre ed addirittura al 35% tra i giovani!
In occasione della festa dell'Europa anche noi, come al Parlamento Europeo, dobbiamo pensare da dove veniamo e ciò che abbiamo realizzato, anche grazie all’Unione, ed è molto.
Ma ora l’Unione Europea deve avere la capacità di affermarsi ulteriormente sia sul piano istituzionale che politico ed economico per affrontare le tensioni interne e le sfide globali.
E’ chiaro ormai che la riduzione del debito e la crescita non possono essere affrontati separatamente: gli investimenti per la crescita non possono essere realizzati aumentando le spese.
L'Europa dovrebbe investire di più sulla competitività attraverso il mercato unico, investendo nella ricerca e lo sviluppo, semplificando la burocrazia e sostenendo la piccola e media impresa.
Certo molti cambiamenti sono state raggiunti e sfide superate, ma come non ricordare le tante delusioni: il popolo greco si batte contro l'ingiustizia sociale e non capisce che le riforme sono necessarie per la sua sopravvivenza a causa di scelte sbagliate dei suoi governi.
Crediamo che oggi oltre alla costruzione si debba anche porre il tema della ricostruzione dell'Europa. L'austerità, pur necessaria, non compensata da provvedimenti per la crescita e lo sviluppo e da una ormai ineluttabile riforma fiscale, ha schiacciato gli investimenti pubblici invece di promuovere l’economia, la ripresa delle imprese che sono le uniche risposte per dare il lavoro, in particolare ai giovani.
Non bisogna sottovalutare il risultato delle elezioni in Grecia e in Francia. Se l'Europa vuole essere democratica, deve saper rispondere ai problemi dei cittadini: sostenere che non esistono alternative alle politiche attuali è un rischio in quanto se l’Europa non troverà le soluzioni i cittadini hanno dimostrato con il voto di poterlo fare al posto loro con il rischio dell’ingovernabilità e delle derive estremistiche a sinistra e a destra.
Il mondo è cambiato dai tempi di Schuman: invece che far finta di avere tutte le risposte l'UE dovrebbe alleggerire il peso della propria burocrazia e di quella per le AA.LL., le piccole e grandi imprese dando più fiducia ai cittadini.
In Europa ci sono segnali preoccupanti: il Titanic si è scontrato con l'iceberg! Disoccupazione troppo alta, crisi economico-finanziaria e crescita debole. Servono risposte puntuali chiare e tempestive per far si che il Titanic non affondi e che l’iceberg prosegua la sua rotta.

Claudio Grizon
Capo Gruppo del Popolo della Libertà

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