Trieste, 18 febbraio 2013
Egregio Presidente del Consiglio, Gentile Presidente della Provincia, colleghi Consiglieri,
il 10 febbraio ricorreva il “Giorno del Ricordo delle Foibe e dell’esodo degli italiani dalla Venezia Giulia e dalla Dalmazia”, che il trattato di pace del 1947 assegnò alla Jugoslavia di Tito.
La Legge 30 marzo 2004 n. 92 che ha istituito il “Giorno del Ricordo”, approvata dal Parlamento italiano con voto pressoché unanime, ha sancito il formale riconoscimento di quei devastanti eventi che videro la popolazione italiana autoctona dell’Istria, Fiume e Zara costretta all’esilio in Patria e all’abbandono dei propri beni acquisiti in generazioni di pacifica permanenza nella loro Terra.
Grande parte di quei profughi conobbe precaria e indecorosa sistemazione in oltre 109 campi profughi nelle diverse regioni, protrattasi anche per lunghi anni, e furono loro per primi ad avere prelevate le impronte digitali (circolare Ministero dell’Interno 15 maggio 1949 n.224/17437) per il loro riconoscimento e la schedatura.
Dal dopoguerra le comunità giuliano - dalmate ricostituitesi con orgogliosa determinazione pur nel difficile contesto economico di quel tempo e spesso nell’indifferenza se non nella preconcetta ostilità di tanti ambienti, hanno contribuito fattivamente alla ricostruzione del Paese con il senso civico e la laboriosità innata loro sempre riconosciuti.
È doveroso che la Nazione ricordi gli eventi che nel Novecento colpirono un’intera regione storicamente e culturalmente legata alla civiltà italiana con la quale ha condiviso nei secoli vicende, lingua, arte, costumi, destini, e che ha dato un significativo apporto al processo di unità nazionale con la precoce adesione al Risorgimento delle sue più significative personalità politiche e intellettuali, da Niccolò Tommaseo ai garibaldini dalmati nella spedizione dei Mille, ai volontari giuliani accorsi alla difesa della Repubblica Romana.
Nella cornice europea che va estendendosi ad Est per accogliere Paesi e collettività di diversa tradizione statuale e politica, alla presenza e al ruolo dell’italianità adriatica deve essere restituita l’evidenza e la funzione che decenni di silenzio hanno colpevolmente negato per pregiudiziali ideologiche e opportunità internazionali, non solo in Patria ma anche in quegli Stati sorti dalle ceneri della ex Jugoslavia.
Il dato storico della presenza italiana in quei territori – che ne ha determinato incontestabilmente il volto civile e l’appartenenza alla cultura occidentale – deve essere riconosciuto dagli Stati che oggi hanno l’onere di conservarne il grande e plurisecolare patrimonio.
Il “Giorno del Ricordo” non si esaurisce con il pur doveroso, essenziale omaggio alle vittime dell’intolleranza etnica, ma vuole richiamare tutti – opinione pubblica e istituzioni nazionali e internazionali – a riconoscere l’antica e fondamentale presenza italiana nell’Adriatico orientale.
Una presenza che - grazie alla testimonianza fiera e tenace delle comunità dei giuliani, istriani, fiumani e dalmati in Italia e nel mondo - ancora oggi è viva, a dimostrazione di una storia che continua nonostante la follia dell’odio, nei Paesi della sponda orientale dell’Adriatico che faticano ancora ad ammettere lo splendore di una civiltà sorta nei territori da essi amministrati, in evidente contrasto con lo spirito europeo che ne dovrebbe ormai animare gli orientamenti e le linee guida per una moderna società.
Quella sugli istriani fu pulizia etnica e politica da parte dei comunisti titini, manifestatasi drammaticamente con le foibe ed i massacri che mai avrebbero potuto e dovuto essere giustificati, neanche con i crimini commessi in precedenza dai fascisti: un vero e proprio stravolgimento epocale che voleva riportare l’umanità a condizioni tribali.
Sono i giovani i primi che dovremmo invitare a ricordare il dramma vissuto da un’intera comunità, affinché traggano da una vicenda così dolorosa un giusto insegnamento ispirato al rispetto dei valori della tolleranza, del rispetto reciproco, della convivenza pacifica e della giustizia.
Nella nona edizione del “Giorno del ricordo” alcuni parlamentari hanno proposto opportunamente di sottoscrivere un appello al Capo dello Stato - che sarebbe bene che anche questo Consiglio faccia suo - affinché revochi al dittatore jugoslavo Tito il titolo di Cavaliere di Gran Croce, decorato di gran cordone dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana, di cui purtroppo è stato insignito in passato, in quanto indegno di qualsiasi riconoscimento italiano o internazionale per i crimini che ha promosso nei confronti di migliaia di italiani.
Quelle sulle vittime delle foibe e sull’esodo giuliano dalmata, infatti, sono pagine dolorose della nostra storia recente di cui il dittatore comunista è stato il primo responsabile; oggi però, fuori da ogni ritualità, vorremmo che quelle pagine di sangue divenissero un monito volto ad accrescere la consapevolezza dell’importanza della pacifica convivenza tra i popoli e del rifiuto di qualsiasi violenza.
E' necessario quindi tramandare il ricordo sensibilizzando i più giovani e rifuggendo la “congiura del silenzio” e l’oblio che per troppi anni hanno caratterizzato questi temi, affinché queste pagine di storia non siano mai più rimosse o dimenticate, dando continuità a questa azione con momenti di formazione, dibattito e incontro non solo nei giorni dedicati ma anche con l'impegno culturale durante tutto il resto dell'anno.
Sia chiaro il “Giorno del Ricordo” non è una riparazione materiale ai drammi d’allora, ma è comunque un atto di giustizia, verità, riconciliazione. E’ l’aver riconsegnato alla storia nazionale pagine ignobilmente strappate. Questa legge può essere un’occasione per una ricucitura storica e culturale tra tutti gli italiani, una presa di coscienza nazionale sulla lunga e diffusa esperienza umana e civile degli italiani dell’Adriatico orientale, che hanno dato un grande contributo alla costruzione di quell’Europa adriatica che era il sogno di tanti uomini di cultura nazionale.
La vicenda degli esuli giuliano - dalmati è una delle pagine più drammatiche della nostra storia. Nel martoriato confine orientale, l’odio etnico e il furore ideologico determinarono, in una terribile concatenazione di eventi, la pulizia etnica e l’esodo di migliaia di italiani. Questa Giornata restituisce all’Italia la memoria di un dramma per troppo tempo negato e permette a ogni cittadino di sentirsi parte di un’unica comunità.
Coltivare la memoria e la storia di quegli eventi è necessario per il rispetto dovuto ai 20mila infoibati e alla dignità offesa di 350mila profughi istriani, fiumani e dalmati. E’ fondamentale Consiglio Provinciale
Gruppo Consiliare del Popolo della Libertà che in quel confine si sia lavorato, in questi anni, per sanare le ferite del passato e che si possa oggi guardare con fiducia a un futuro di convivenza e di collaborazione.
Per tali ragioni, oggi, al di là di ogni schieramento e posizione politica, dobbiamo condannare con fermezza tutti gli atti incivili che sono stati compiuti, anche nelle scorse settimane, in varie parti d’Italia come nella nostra Trieste, da parte di persone o ambienti politico sociali che ancor oggi alimentano e perseguono l’odio nei confronti degli italiani vittime delle foibe e protagonisti dell’esodo. Con atti che oltraggiano i simboli che gli esuli hanno eretto a imperituro ricordo del sacrificio del loro popolo, personaggi vili e fuori dal tempo promuovono una cultura negazionista che vilipende ed offende i giuliano dalmati ed i loro eredi creando preoccupazione e sconcerto proprio nei giorni dedicati al ricordo e alla preghiera.
Noi invece ricordiamo commossi gli italiani sterminati nelle foibe e tutti coloro che furono cacciati dalle loro case e dai loro cimiteri in Istria, a Fiume, in Dalmazia. Questa memoria va condivisa da tutta la nazione, per rendere onore alle vittime di uno sterminio e ricordare violenze e prevaricazioni di ogni tipo. Mai più pagine strappate, ma per sempre l’omaggio della Patria e degli italiani a chi pagò così duramente l'amore per la patria italiana.
Claudio Grizon
Capo Gruppo del Popolo della Libertà
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