Da
Il Piccolo del 15 marzo 2009 – Pag. 17
POLITICA CITTADINA: GLI SCENARI
Forza Italia, monolite in corsa verso il Pdl
I BERLUSCONIANI SI PREPARANO ALLA FUSIONE CON ALLEANZA NAZIONALE
di PIERO RAUBER
La nostalgia per le origini e la paura di una mutazione genetica non abitano in Forza Italia. I berluscones triestini - davanti al battesimo del Pdl che si celebrerà nella costituente di Roma del 27 marzo - non fanno una piega. Anzi. Rassicurano con il piglio del fratello maggiore - perché «si rafforzerà il rispetto reciproco e l’entusiasmo di lavorare assieme che già oggi respiriamo» - gli alleati locali di An. Gli stessi che, al congresso provinciale tenuto una settimana fa, hanno spento la fiamma senza rinunciare per l’ultima volta, e pubblicamente, a chiamarsi «camerati» tendendo il braccio destro.
I forzisti di Trieste d’altronde, oltre che da un rapporto di forze promettente con quel 70 e 30 concordato tra Berlusconi e Fini, partono tenendosi stretto un altro vantaggio.
Perché loro l’incrocio delle anime che si ripeterà nel Pdl l’hanno già metabolizzato: in Fi convivono ex democristiani (l’ala cattolica che si riconosce nel consigliere regionale Bruno Marini), spiriti liberali (i discendenti di Sergio Trauner) e soprattutto militanti listaioli. Convivono a detta di tutti «bene» - ad eccezione di Roberto Antonione che oggi consuma a Roma, da deputato, il suo isolamento politico dalle questioni di casa - perché gravitano attorno a un unico baricentro. Il senatore Giulio Camber. Il quale non è che qui si faccia vedere più di Antonione (molto poco, quindi) ma riesce a telecomandare il partito da leader indiscusso attraverso una fitta rete di relazioni personali, rigorosamente lontano da telecamere e taccuini dei giornalisti. La sua interfaccia locale è il fratello Piero, capogruppo in Consiglio comunale e presidente di commissione in Regione, che regge a sua volta - lui però senza restare nell’ombra - le fila di uno zoccolo duro, il più ampio in città, che va dall’attuale assessore regionale al bilancio Sandra Savino, coordinatore provinciale e comunale del partito, all’ala liberale. Fino a un Gruppo giovani Under 35, un’ottantina di attivisti che trovano in Everest Bertoli, vice di Piero Camber in Comune, la testa di ponte nel circuito politico e mediatico.
Per Fi, a quanto pare, l’attuale approccio al partitone coincide dunque con un periodo di idillio monolitico che scommette di resistere anche dopo l’imminente fusione con gli ex missini. E soprattutto davanti a quelle malizie che potrebbero spuntare in vista della candidatura per il dopo-Dipiazza e che oggi non si spingono al di là di qualche sorrisino se all’assessore allo sviluppo economico, Paolo Rovis, capita di sedersi in Consiglio comunale sullo scranno più alto, quello del sindaco. Magari solo per cinque minuti e per bisbigliare all’orecchio del presidente dell’aula Sergio Pacor. «Ma cavalli solitari non ce ne sono», assicura Piero Camber. «La nostra forza è che tra noi si è creato un rapporto di solidarietà che va oltre la politica. Il collante è l’amicizia». Dicono d’aver sanato pure la frizione interna all’ala cattolica Marini e Claudio Grizon. «Ci siamo chiariti già prima delle elezioni 2006», taglia corto il primo. «È stata solo una carenza di dialogo in un momento in cui ne serviva di più», aggiunge il secondo. Fuori dal coro così rimane il solo Antonione. Che al congresso comunale dell’estate 2007 era riuscito a inserire, come quota di fedelissimi, un membro su sei nel comitato cittadino del partito, cioè Pietro Di Tora, fratello del consigliere comunale dissidente Paolo, autoconfinatosi nel Gruppo misto dopo il voto del 2006. Ironizza Antonione: «Una volta celebrato il congresso provinciale (quello del dicembre 2007, cui non aveva partecipato, ndr) non c’è stata alcuna attività di coordinamento che mi abbia coinvolto in qualche modo. Chi ha maturato esperienze nella Prima Repubblica, evidentemente, le ha mutuate nella Seconda. Volete sapere chi rappresento io in Fi? Me stesso...»
«ATTENTI A QUALCHE FASCISTA LOCALE»
Ma tra i seguaci del Cavaliere ci si chiede: chi è più a destra tra Fini e Berlusconi?
Che per i forzisti di Trieste l’intreccio con An non sia un travaglio lo si è capito dal fatto che da un anno e più - ben prima dell’exploit elettorale dello scorso aprile - non c’è stata necessità di tenere particolari dibattiti interni né di ripetere congressi per celebrare in lacrime lo scioglimento del partito. La voce del padrone - in questo caso non Giulio Camber, ma direttamente Berlusconi - fa fede: il Pdl era e sarà la via maestra. E non diventerà - assicurano un po’ tutti - una fotocopia del Pd dove gli ex Margherita soffrono la forte matrice diessina. Mano tesa dunque - non braccio teso - agli alleati e futuri colleghi aennini. C’è qualcuno, per carità, che in casa Fi pensa che «dovremo stare pur attenti alle sparate isolate di qualche fascista locale». Ma in fondo, si affretta a correggere il tiro, «confidiamo tutti nella sensibilità e nell’intelligenza politica del loro leader, Roberto Menia. Quando lo conosci trovi in lui un uomo di parola e mediazione».
«E poi - gli fa eco un altro azzurro - pensateci: chi sta più a destra oggi, Berlusconi o Fini?». Qualche mal di pancia nella destra triestina, insomma, se si appaleserà sarà sanato da chi comanda più in alto, suggeriscono alcuni azzurri.
La maggior parte di loro, però, garantisce che questo è il momento del matrimonio felice. Non pilotato dai capifamiglia ma voluto, ancorché inevitabile. «Il Pdl - così Piero Camber - è una casa già collaudata in Regione e in parte in Comune, dove a volte abbiamo già fatto dichiarazioni di voto uniche e congiunte. Sarà un’esperienza entusiasmante, e An sa che troverà in noi degli alleati corretti». «Anche in Provincia - rileva a sua volta il capogruppo di Fi a Palazzo Galatti, Claudio Grizon, esponente dell’ala cattolica guidata da Bruno Marini - si è creata una squadra sola, fin dai tempi della precedente giunta Scoccimarro». «Dopo quasi un anno di lavoro come gruppo Pdl in Regione - aggiunge Maurizio Bucci - devo ammettere che i colleghi di An mi hanno talvolta sorpreso per preparazione e apertura. Questo mi porta a dire che non ci sarà fusione a freddo, ma a caldo».
«L’amministrare assieme è un collante e qui in Comune siamo di fatto Pdl già da qualche tempo», insiste Paolo Rovis. «Siamo davanti a un percorso che non ci fa paura - chiude Everest Bertoli, come delegato del partito alle politiche giovanili - e anzi siamo consapevoli di essere partecipi alla nascita di un soggetto che scriverà un pezzo di storia dell’Italia e che risveglierà, grazie alla semplificazione del sistema partitico, l’interesse di molti ventenni e trentenni nei confronti della politica». (pi.ra.)
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